L’associazione Cortocircuito premiata dal presidente della Federazione Nazionale della Stampa

[Articolo del quotidiano “Gazzetta di Reggio”]

A Elia Minari, coordinatore dell’associazione culturale antimafia Cortocircuito, è stato consegnato il premio “Articolo 21”. Il riconoscimento è stato consegnato a Roma da parte del presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Giuseppe Giulietti.

«I ragazzi di Cortocircuito – ha detto al microfono Giulietti – sono straordinari, sono andati a illuminare i lati oscuri. Loro ci insegnano che fare giornalismo non significa essere iscritti a un ordine professionale».

A decidere l’assegnazione del premio, nato per tenere vivo l’articolo della Costituzione sulla libertà d’informazione, è stata una giuria composta prevalentemente da giornalisti della Rai, riuniti nell’associazione “Articolo 21”.

Alla consegna del riconoscimento era presente anche Attilio Bolzoni, storica firma di Repubblica e autore di numerosi libri su Cosa Nostra, che si è ripetutamente complimentato con Elia Minari e Francesca Montanari, presenti a Roma in rappresentanza dell’associazione Cortocircuito.

Il conferimento, si legge nella motivazione ufficiale, è avvenuto per aver «portato avanti inchieste coraggiose, mettendo in luce la presenza invasiva della ‘ndrangheta. Un impegno dimostrato nel far conoscere le vicende più oscure del territorio, denunciando attività illecite e perseguendo la difesa della legalità. Un impegno ancora più meritevole in quanto risponde a un autentico spirito di cittadinanza».

Durante la serata, è intervenuto anche Paolo Siani, fratello del giornalista Giancarlo Siani ucciso dalla Camorra, che ha dichiarato: «Sono rimasto sorpreso da Cortocircuito. Giancarlo ha fatto quello che fanno i ragazzi di Cortocircuito. E come i ragazzi di Cortocircuito lui veniva osteggiato, gli dicevano che creava problemi al suo territorio. Cortocircuito fa un lavoro straordinario per noi, svela le verità scomode che nessuno ci vuole raccontare».

Il premio è stato conferito a Cortocircuito per i documentari d’inchiesta e gli approfondimenti realizzati. Come ad esempio la video-inchiesta sul paese di Brescello che è citata anche nel decreto ufficiale di scioglimento per mafia del Comune, oltre a essere stata proiettata in Tribunale da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna. Inoltre nel corso della premiazione sono state ricordate le inchieste realizzate da Cortocircuito sui cantieri della Tav, sulla scuola di Montecchio, su alcune discoteche e sui subappalti nel ciclo dei rifiuti.

L’associazione Cortocircuito è stata premiata anche per le numerose iniziative di sensibilizzazione realizzate: dal 2009 ha organizzato oltre 190 convegni e incontri pubblici. La giuria ha evidenziato che il premio “Articolo 21” nasce per ricordare Paolo Giuntella, storico giornalista del Tg1 prematuramente scomparso.

[Articolo del 4 ottobre 2016]

Durante la serata il giornalista di Repubblica Attilio Bolzoni ha detto «Elia e Francesca siete straordinari, alla vostra età fate cose incredibili. Cortocircuito è una forza».

 
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Intervista a Elia Minari realizzata dal giornalista della Rai Vicenzo Frenda

(pubblicata su Articolo21.org)

Se l’Emilia due anni fa si è risvegliata dal suo torpore lo si deve a chi ha saputo fare domande. A guardarsi attorno e a capire che tante cose non tornavano. Era per la ‘ndrangheta che si era radicata progressivamente nel territorio, scavando piano piano nella rigogliosa economia della via Emilia, facendo arrivare nel tempo da Cutro persone, capitali e mentalità criminale. Aggredendo la linfa di un territorio prima ingenuo e poi connivente.

A questo pregiudizio non si sono uniformati i ragazzi di Cortocircuito, la web-tv di Reggio Emilia. Dieci liceali che guardandosi intorno hanno iniziato a farsi delle domande. Da quelle domande, poste agli interlocutori giusti, si è arrivati allo scioglimento del consiglio comunale di Brescello per infiltrazione mafiosa, la prima amministrazione in Emilia Romagna. Il paese diventato famoso per aver ambientato la favola italiana di Don Camillo e Peppone si è scoperto vulnerabile. La ‘ndrangheta, ha detto il procuratore antimafia Alfonso, lì non si è infiltrata, ma radicata e può contare fra Reggio Emilia e Parma su 7 mila persone e 7 mila voti. Abbiamo intervistato Elia Minari, coordinatore di Cortocircuito.

Cosa pensate dello scioglimento per mafia del comune di Brescello?

Speriamo che tutti a Brescello ora prendano consapevolezza del problema ‘ndrangheta, cosa che finora non c’è stata. Quando abbiamo iniziato a raccontare ciò che non andava, i cittadini ci rispondevano che stavamo infangando il nome del comune, ci dicevano di smetterla.

Come è nata la vostra voglia di indagare, filmare, raccontare i fatti di Brescello?

Ci siamo resi conto che attorno a noi tante cose non tornavano. A Brescello c’erano terreni occupati abusivamente da costruzioni che non venivano rimosse dal sindaco, c’erano roghi inspiegabili ad aziende del territorio. Così abbiamo chiesto di vedere alcune delibere del Comune e poi un’intervista al sindaco.

Le imprese del boss Grande Aracri a Brescello

In quella intervista, il sindaco Marcello Coffrini ha detto la frase da cui tutto è partito, riferita a Francesco Grande Aracri, il boss ‘ndranghetista di Cutro condannato per mafia e confinato a Brescello.

Coffrini ha detto di lui: “E’ gentilissimo, composto educato ha sempre vissuto a basso livello”. Da cittadini emiliani non ci saremmo mai sognati di sentire una frase così da un sindaco dell’Emilia Romagna.

Sentito questo, senza timore avete deciso di pubblicare tutto in un web-documentario a disposizione di tutti.

Senza alcun ripensamento abbiamo pubblicato tutto. Erano fatti di rilievo. Non c’era ancora l’inchiesta Aemilia. Da noi la gente diceva che la ‘ndrangheta non c’era. C’era negazione del fenomeno. Noi abbiamo vinto innanzitutto i nostri pregiudizi e abbiamo dato credito solo ai fatti e abbiamo segnalato ogni anomalia ai Carabinieri.

Dopo la pubblicazione c’è stata la reazione che uno si aspetterebbe in territori storicamente collusi.

Due i fatti che ci hanno colpiti. Dopo la video inchiesta il parroco di Brescello, don Evandro Gherardi, in una intervista al Resto del Carlino ha detto: “Cortocircuito ha fatto danni al turismo”. Una reazione che non ci saremmo mai aspettati. Per lui era l’inchiesta sulla penetrazione della ‘ndrangheta a fare danni al turismo e non la ‘ndrangheta stessa.  Il secondo fatto riguarda una manifestazione in piazza a Brescello in sostegno al sindaco Coffrini, avvenuta subito dopo la pubblicazione della nostra video-inchiesta. A questa manifestazione hanno preso parte i figli di Francesco Grande Aracri. È lì che i Carabinieri hanno preso sul serio le nostre segnalazioni, ci hanno chiesto di acquisire i video che avevamo girato e poi ci hanno ascoltato in Prefettura.

Era il 2014. Da quegli episodi politicamente non è accaduto nulla, il sindaco ha visto confermata la fiducia del consiglio comunale. Ma cosa vi dicevano?

Alcune persone ci invitavano a cambiare argomento. Ci dicevano non è successo nulla. Alla fine degli incontri che organizzavamo per sensibilizzare su questo tema, è capitato che qualcuno si avvicinasse per dirci che la ‘ndrangheta non è presente qui. Un imprenditore ci ha detto che il nostro lavoro danneggiava l’economia di un territorio florido. Un costruttore calabrese durante le nostre riprese ha dato delle manate alla telecamera per bloccarci.

Un rogo doloso

Però in tanti hanno ascoltato la vostra denuncia e vi hanno mostrato gratitudine.

Noi non vogliamo essere un esempio, ma vogliamo solo che ogni cittadino si ponga delle domande. Non c’è bisogno di gesti eclatanti o eroici, ma di cittadini responsabili e attenti.

Da questa esperienza avete organizzato tanti incontri con magistrati, giornalisti, amministratori locali che si battono quotidianamente contro la mafia.

Sentiamo il bisogno di informarci e informare i nostri coetanei: dal 2009 abbiamo realizzato oltre 190 incontri in scuole, università, consigli comunali e regionali. Questo c’è stato d’aiuto e non ci ha fatto sentire soli. Molti magistrati ci invitano a continuare ad approfondire. Ma a livello locale alcuni cittadini continuano a negare. C’è chi dice che questa non è mafia perché non spara e non è violenta. Ma la ‘ndrangheta emiliana è questa: silenziosa, imprenditoriale, col volto pulito. E’ una ndrangheta che bisogna saper riconoscere. Altri sindaci invece ci contattano, ci chiedono consigli sugli appalti.

Il vostro prezioso lavoro ha portato una riscrittura della storia di quello che era conosciuto come il paese di Don Camillo e Peppone e che ora è anche il paese di Francesco Grande Aracri.

Il rischio vero era che questi fatti, presenti e sotto gli occhi di tutti, non emergessero. Si è sempre detto che i sindaci emiliani avessero gli anticorpi per bloccare la mafia. Non era così. Questo deve essere un monito per tutti. Ci vuole maggiore attenzione e trasparenza. Noi abbiamo fatto solo semplici domande sui fatti.

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Segue l’articolo della Gazzetta di Reggio del 4 ottobre 2016: