Il futuro del Parmigiano Reggiano è in mano ai Sikh

[articolo pubblicato sulla Gazzetta di Reggio il 25 Febbraio 2012]

«Se non ci fossero gli indiani le attività di produzione del Parmigiano Reggiano sarebbero andate un po’ in crisi». Ad ammetterlo è Graziano Salsi, presidente della cooperativa CILA di Novellara. La sua è una delle più grandi aziende agricole di allevamento di bovini dell’Emilia Romagna, ogni giorno produce 350 quintali di latte. Quasi tutti i lavoratori delle sue stalle sono stranieri. La maggior parte provengono dall’India, ma ci sono anche tunisini, pakistani, macedoni e marocchini.

Sveglia prima dell’alba: alle quattro del mattino iniziano i lavori per la prima mungitura, poi si puliscono le stalle. Nel primo pomeriggio si procede già con la seconda mungitura. Un lavoro duro e dettato da tempi inflessibili, domeniche e giorni festivi non esistono. Così è scandita la giornata dei lavoratori della comunità indiana dei Sikh. Sono una minoranza religiosa monoteista e provengono dalla regione indiana del Punjab, la terra dei cinque fiumi, per certi aspetti simile alla pianura padana. Le stesse distese lunghe e fertili, con le montagne sullo sfondo. E poi l’etica di due popoli infaticabili.

(QUI IL CORTOMETRAGGIO)

Hanno cominciato ad arrivare a Novellara nei primi anni ’90. Lavorando duramente, si sono conquistati la fiducia della comunità che li ha accolti in modo positivo. Fin dall’inizio hanno trovato lavoro soprattutto nelle stalle, nei caseifici e nei campi. Ma ora, dopo aver fatto figli e contratto un mutuo per comprarsi casa, alcuni di loro hanno deciso di aprire un’azienda agricola in proprio. Da dipendenti a padroni. Spesso danno da lavorare ai loro connazionali appena arrivati. Invece la seconda generazione, figlia dei primi immigrati, ha studiato nelle nostre scuole e giustamente preferisce fare lavori meno duri.

I Sikh a Novellara sono un esempio di integrazione perfettamente riuscita. Appena fuori dal paese hanno edificato anche il tempio “Gurdwara”, uno dei più grandi d’Europa. «Abbiamo comprato la terra e ogni indiano ci ha messo una parte dei suoi risparmi», ci riferisce orgoglioso Avtar Singh, che da oltre 20 anni lavora nelle stalle reggiane. Singh però ammette che il lavoro nelle stalle è molto duro e i malanni quotidiani sono tanti. «Non si può fare questo lavoro fino a 70 anni. Altrimenti uno muore prima della pensione», continua a leggere …