Reggio Emilia epicentro della mafia in regione? “Il Giornale di Reggio” intervista Elia Minari di Cortocircuito

Di Lorenzo Chierici

Spesso si pensa che il trasferimento dei clan al nord sia guidato dalle opportunità di impiego dei capitali di provenienza illecita; in realtà la diffusione del fenomeno mafioso avviene soprattutto attraverso il fittissimo reticolo dei comuni di dimensioni minori, che vanno considerati nel loro insieme come il vero patrimonio attuale dei gruppi e degli interessi mafiosi. I piccoli comuni sono più facilmente controllabili, si trovano nella situazione di isolamento prediletta dai clan anche nella madrepatria, si sottraggono ai movimenti di opinione e consentono avanzate più invisibili e impunite, tanto da creare rapidamente una condizione di assuefazione e di omertà ambientale.

QUANDO LA MAFIA ARRIVO’ IN CITTA’

L’origine della ‘ndrangheta in terra reggiana risale al 1982, anno in cui Antonio Dragone, bidello delle scuole elementari di Cutro, nonché capo-bastone dell’omonima locale, fu mandato al soggiorno obbligato nel piccolo comune reggiano di Montecavolo. Sono passati oltre 30 anni e in quegli anni di prosperità il sistema reggiano non poteva neppure lontanamente immaginare cosa stava crescendo all’interno del proprio tessuto sociale, tant’è che era ovviamente privo di qualunque anticorpo. Oggi Reggio Emilia e Modena sono le provincia con la più alta densità mafiosa.

E’ una mafia silente che opera in trasferta è si rivolge alle aziende dei propri compaesani conniventi, ma anche ad altre, tant’è che l’8,6% dei commercianti emiliano-romagnoli oggi è sottoposta alla pratica estorsiva del “pizzo”. La provincia di Reggio Emilia costituisce l’epicentro della ‘ndrangheta in regione, come ha confermato il colonnello Zito, un luogo in cui l’organizzazione criminale calabrese ha creato negli anni una vera e propria enclave. La ‘ndrangheta cutrese rappresenta la principale presenza criminale sul territorio affiancata da varie famiglie mafiose. Coldiretti, Eurispes e l’Osservatorio sulla criminalità agroalimentare, nel terzo rapporto di “agromafie 2015” hanno verificato un giro d’affari nazionale di 15,4 miliardi di euro e una fetta di questi maturano in territorio reggiano.

STUDIO SULLA MAFIA A REGGIO: UN PREMIO DAL PRESIDENTE DEL SENATO

Dal giugno del 2009 alcuni studenti reggiani hanno iniziato a raccogliere e raccontare fatti gravissimi, troppo spesso sottovalutati a causa dell’assenza della consapevolezza di ciò che stava accadendo. Fra questi c’è Elia Minari, studente di giurisprudenza premiato dal presidente del Senato Pietro Grasso al Vertice Nazionale Antimafia che si è tenuto a Firenze, fondatore e coordinatore della web-tv Cortocircuito, un sito internet che attraverso video-inchieste basate su fatti accaduti e documenti ufficiali, con interviste e cortometraggi, cerca di far prendere coscienza ai reggiani, e non solo, di ciò che sta accadendo sotto i loro occhi.

“Siamo partiti da alcuni episodi sintomatici come certi cantieri, per poi approfondire e sensibilizzare le persone, organizzando numerosi incontri pubblici con magistrati – ci spiega Elia Minari – Non vogliamo insegnare nulla, ma solo sensibilizzare i cittadini sul problema. Oggi, sulle mafie in Emilia, nessuno credo possa più dire “non lo sapevo” e in tanti desiderano conoscere cosa sta accadendo. Negli ultimi mesi ci sono arrivati decine di inviti dalle scuole di Reggio, Parma, Mantova, Modena e Bologna, dove i professori ci invitano per parlare del tema e soprattutto per far comprendere agli studenti che ognuno può dare il proprio contributo”.

Elia, la criminalità organizzata non fa rumore, ma fa business. Quali sono i maggiori ambiti nei quali sta agendo?

Il ristorante “Millefiori” recentemente sequestrato

Oltre all’edilizia e gli autotrasporti, che sono i settori trainanti, ora la malavita si sta espandendo nel campo delle slot machine, e da quanto emerge da alcuni provvedimenti, anche nel mondo della ristorazione e in alcuni esercizi aperti al pubblico. Quella reggiana è una mafia invisibile, che cerca consenso, non è quella dal volto cattivo che si vede nei film. Da noi, purtroppo, l’imprenditore mafioso si presenta come colui che offre posti di lavoro, tant’è che una minoranza di cittadini tende a giustificarli: “… in fondo quel soggetto, nonostante i processi penali che ha avuto, offre lavoro alle famiglie”, ci siamo sentiti dire più volte. Per me questo è inaccettabile. In realtà le organizzazioni criminali eliminano il libero mercato e la concorrenza, tolgono la dignità e la libertà ai lavoratori e possono arrivare a condizionare alcuni settori del mondo politico e sociale.

Secondo te quale può essere il volume d’affari della ‘ndrangheta in territorio reggiano?

Essendo sommersa è impossibile avere un dato certo. Però grazie al lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, negli ultimi mesi ci sono stati quattro sequestri importanti, per un ammontare di diversi milioni di euro: a Brescello, Montecchio, Bibbiano e a Santa Vittoria di Gualtieri. Spesso i vicini di casa delle persone coinvolte sono increduli e molti dicono “…è impossibile”, ma andando a leggere le carte emergono fatti davvero preoccupanti. Si parla infatti non soltanto di infiltrazione, ma di radicamento: questo è l’elemento nuovo. Nell’ultimo anno sono stati coinvolti soggetti reggiani molto noti, spesso insospettabili.

Davanti a questi episodi, anziché stare solo a guardare, il cittadino può fare la propria parte contro le mafie: non frequentando i locali oggetto di indagini, segnalando situazioni anomale, scegliendo quali prodotti acquistare al supermercato.

Grande Aracri con il sindaco di Brescello

Oltre ai quattro paesi che abbiamo citato prima, ci sono altre aree del nostro territorio dove la criminalità organizzata lavora nel sottobosco?

Bisogna tenere alta la guardia su tutti i comuni e su ogni luogo. Negli scorsi anni abbiamo documentato il coinvolgimento persino di alcuni locali insospettabili e molto frequentati: è il caso di alcune discoteche di Reggio Emilia, su cui abbiamo realizzato dei cortometraggi.

Non hai un po’ paura a titolo personale?

Sentivo l’esigenza di raccontare questi fatti e ho deciso di andare avanti. Purtroppo, negli anni scorsi, è capitato che, alla fine di qualche incontro pubblico, qualcuno mi abbia detto che sarebbe stato meglio non parlare di certi temi. Così come c’è chi, mentre stavamo registrando un video, ha dato alcune manate alla nostra telecamera e al nostro microfono. La nostra forza è che raccontiamo solo dei fatti documentati, partendo dai nomi e dai cognomi che emergono dalla carte di magistrati e forze dell’ordine. Poi da lì sviluppiamo i nostri approfondimenti, intrecciando visure camerali e altri documenti che ogni cittadino può controllare.

Secondo te c’è un po’ di connivenza?

Ci sono stati imprenditori reggiani, destinatari di interdittive antimafia da parte della prefettura, che in alcuni casi si sono dimostrati consapevoli del fatto di aver intrapreso rapporti con soggetti legati alla criminalità organizzata, probabilmente nella speranza di fare più affari.

Doversi sindaci ci hanno contattato per capire come poter riconoscere certe situazioni, dai piccoli appalti a vicende insospettabili. I sindaci, infatti, a volte sono vittime del sistema, in quanto si trovano un’azienda che propone prezzi palesemente sottocosto e vincono gli appalti; peccato che quelle aziende non paghino le tasse o magari abbiano entrate illecite. Il rischio è che inizino i lavori, per poi mollarli lì, come abbiamo documentato nell’ultima video-inchiesta: il cantiere di una scuola pubblica di Reggio è rimasto fermo molto tempo, perché l’azienda che aveva vinto l’appalto non è riuscita a realizzare quanto concordato.

L’utile della mafia, in questi casi, è il riciclaggio di denaro?

L’intento è certamente quello di riciclare denaro di provenienza illecita, come i soldi provenienti dallo spaccio di sostanze stupefacenti. Il denaro, dopo essere stato reinvestito, diventa difficilmente intercettabile dalle forze dell’ordine e si “pulisce”. Così facendo e pagando poco chi lavora, le aziende colluse riescono a vincere gli appalti a discapito di quelle oneste, entrando in ambiti economici che prima erano impenetrabili.

Chiudiamo parlando un po’ di futuro: come vedi la situazione?

Sono contento del fatto che negli ultimi tempi sia aumentata la conoscenza del fenomeno: gli amministratori pubblici hanno una maggiore consapevolezza della situazione e mi auguro analizzino bene gli appalti. Anche molti cittadini cercano di impegnarsi e partecipano ai nostri incontri attivamente, ponendo tante domande.

Articolo e intervista di Lorenzo Chierici per “Il Giornale di Reggio”

(24 gennaio 2015)

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Vedi anche:

– “La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana”. La video-inchiesta integrale, le foto della serata di presentazione e alcuni articoli dei quotidiani
– La video-inchiesta “Non è successo niente. 40 roghi a Reggio Emilia”
– Intervista del web-magazine “AgoraVox” sulle iniziative di Cortocircuito
– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– Elia Minari di Cortocircuito premiato dal presidente del Senato al Vertice Nazionale Antimafia a Firenze