Una spaghettata antimafie per il giornalista sotto protezione (articolo+intervista)

[articolo pubblicato sulla Gazzetta di Reggio il 5 Febbraio 2012]

Dal ventidue dicembre la vita di Giovanni Tizian, collaboratore del gruppo l’Espresso, è cambiata. Due giorni prima della vigilia di Natale, oltre alle consuete telefonate di auguri da parte di familiari ed amici, Tizian ha ricevuto una telefonata sicuramente meno desiderata. Dall’altro capo della linea c’era il procuratore capo di Modena Zincani che gli annunciava la decisione di assegnarli due uomini di scorta.

Ora, che tutto è diventato più difficile, per non farlo sentire solo e per esprimergli solidarietà, in tanti sono accorsi alla spaghettata antimafie organizzata dell’Anpi in collaborazione con “Libera. Associazioni nomi e numeri contro le mafie”, ieri all’oratorio Helder Camara di San Polo.

Friselle pugliesi, polenta fritta, erbazzone reggiano, spaghetti: prelibatezze del sud e del nord, prodotti quasi tutti provenienti dalle terre confiscate alla mafie, coltivate da aziende agricole sociali d’agricoltura biologica. «Consumare i prodotti dei terreni confiscati alle mafie è un segnale importantissimo», ha sottolineato Annalisa Duri del coordinamento di Libera Reggio. «Spesso le terre dei mafiosi una volta confiscate vengono abbandonate. Questa è una sconfitta per lo stato e così la gente può dire “meglio quando c’era il mafioso”. Acquistando i prodotti di queste terre si ridà speranza alla faccia pulita dell’Italia».

Dopo pranzo, Tizian ha parlato di “Gotica. ‘Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea” edito da Round Robin. 300 pagine con fatti, nomi e cognomi. continua a leggere …

Intervista a Manfredi Borsellino, figlio di Paolo Borsellino

Manfredi Borsellino con il padre e la madre

Manfredi Borsellino è figlio del noto magistrato Paolo Borsellino, ucciso con un’auto esplosiva il 19 Luglio 1992 a Palermo.
Quando Paolo Borsellino, ora simbolo mondiale della lotta contro le mafie, saltò in aria in via D’Amelio il figlio Manfredi aveva 21 anni. Manfredi Borsellino, attualmente Commissario di Polizia di Cefalù (Palermo), sta continuando a servire lo Stato, come fece il padre fino alla morte. Lo abbiamo contattato telefonicamente per un’intervista.

– Dopo la strage di Capaci nel ‘92, il Giudice Borsellino confessò ad Antonio Ingroia che si sentiva invecchiato di 10 anni in pochi giorni. Uno stato d’animo di cui la famiglia ebbe modo di accorgersi?

Dopo la morte di Falcone mio padre cambiò. Prima era una persona estremamente divertente, con un umorismo abbastanza spiccato: non amava prendersi sul serio e scherzava anche sulle cose più drammatiche. Dopo la strage di Capaci invece si chiuse un poco in se stesso e gradualmente, quasi a presagire la tragedia, si allontanò dalla famiglia. Fu da parte di mio padre un’operazione molto sottile. Era talmente preparato all’eventualità di essere, da un momento all’altro, vittima di un attentato che voleva prepararci al periodo successivo alla sua eventuale morte.

– Lei questo quando lo comprese?

Noi lo capimmo soltanto dopo la morte di mio padre, infatti in quei famosi 57 giorni (tra l’attentato a Falcone e quello a Borsellino, ndr) io e le mie sorelle non comprendevamo questo atteggiamento di mio padre. […] Invece oggi siamo grati a mio padre per aver fatto in modo che noi potessimo, non solo accettare la sua morte violenta e improvvisa, ma fossimo anche preparati a sostenere tutte le difficoltà, tutti gli assalti anche indiscriminati dei mass media e dell’opinione pubblica dopo la sua morte. Malgrado io e le mie sorelle fossimo abbastanza giovani, io avevo appena 21 anni quando mio padre ci lasciò, ci ritrovammo delle persone molto più adulte dell’età che avevamo.

– Le facciamo una domanda molto “difficile”, secondo lei suo padre poteva essere salvato?

Si, credo che si poteva evitare. Si sapeva che la prossima vittima designata, dopo l’attentato a Giovanni Falcone, era mio padre. Quindi lo Stato era nelle condizioni di salvare mio padre, costringendolo o indulgendolo ad allontanarsi da Palermo con la famiglia in quei giorni drammatici successivi la strage di Capaci. Invece non arrivò nessun segnale da parte del Governo di allora. […] E’ mia personale convinzione che se mio padre fosse stato costretto, anche contro la sua volontà, ad allontanarsi da Palermo per raggiungere una località segreta, determinati scenari sarebbero mutati velocemente e mio padre probabilmente non sarebbe stato assassinato. Però purtroppo con i se non si può cambiare il corso della storia.

– Lei ha studiato legge ed è oggi Commissario di Polizia. Quanto ha influito nella sua scelta il fatto di essere figlio di Paolo Borsellino?

Mio padre è stato magistrato, mio nonno materno è stato magistrato, mio bisnonno è stato un giudice militare: una certa aria di giustizia e di legge l’ho respirata fin da bambino. Ho voluto continuare questa strada familiare, anche se con un incarico diverso, poiché credo tantissimo nei valori della giustizia e dell’onestà. Amo a dismisura la mia terra e la città in cui vivo, ho il dovere di fare di tutto per cambiarla in meglio. Indubbiamente la scelta del lavoro è stato influenzata anche dal fatto che mio padre era quasi sempre circondato da poliziotti di scorta o da carabinieri o finanzieri che lo aiutavano nell’attività investigativa, per cui sono sempre stato attratto dal lavoro svolto da questi validissimi collaboratori di mio padre. continua a leggere …

4 chiacchiere con 4 immigrati

Dopo aver intervistato qualche nostro coetaneo sul tema dell’immigrazione e aver poi verificato che i fatti ed i dati oggettivi sono molto distanti dai più diffusi “luoghi comuni” in materia (vedi qui la video-inchiesta), abbiamo fatto qualche domanda direttamente a loro, agli immigrati, per conoscerli meglio. Abbiamo realizzato più di dieci interviste, qui ne proponiamo alcune.

 

Izuorah Francis Ikwunngbd da noi intervistato

Come si chiama? Izuorah Francis Ikwunngbd

Qual è il suo paese d’origine? Nigeria

Come si trova in Italia ed in particolare a Reggio Emilia? Tutto è molto difficile per gli stranieri, non solo qui a Reggio, è molto dura per gli stranieri, non va tutto così bene. Io sono nigeriano, ma ci sono tanti italiani in Nigeria impegnati per il petrolio, che cercano un contratto nell’estrazione del petrolio, non trattano bene i Nigeriani, questo non va bene. Non so come mai molti italiani sono così razzisti.

Lei quindi pensa che gli italiani siano razzisti? Si, si, si la maggior parte sono razzisti, gli italiani quando viaggiano amano gli stranieri, ma quando non viaggiano non gli piace vederli, quando le persone vedono questo colore nero non gli piace, perché? Non siamo degli esseri umani? Siamo degli esseri umani, ma siamo di colore, voi odiate le persone di colore.

In particolare per il lavoro, è dura? Non c’è lavoro per nessuno ora, è molto dura, sono da sei mesi senza lavoro. Io sono laureato, sono ingegnere ma mi dicono di tornare a scuola per tre anni, ho cinquant’anni non sono un bambino, ho quattro bambini; come posso andare a scuola? C’è il problema della lingua scritta, qui in Italia non capiscono l’inglese, come possiamo migliorare noi stranieri, come possiamo migliorare se non capiscono l’inglese. Negli altri paese parlano inglese.

Da quanto tempo vive qui, a Reggio Emilia? Questo è il mio ottavo anno qui a Reggio Emilia.

Ed in Italia? Si, in Italia non sono stato da nessun altra parte, sono venuto dalla Nigeria direttamente a Reggio Emilia, ho iniziato a lavorare nell’Ottobre del 2002 e solo da sei mesi non ho lavoro, tutti gli stranieri non hanno un lavoro, perché?  Non sappiamo cosa fare, preghiamo Dio affinché tocchi il cuore dei governanti dell’Italia, le cose devono cambiare, vogliamo tornare a lavorare, questa è la nostra richiesta, la richiesta di tutti noi stranieri a Berlusconi, Fini e compagnia, …e Bossi. Devono cambiare l’economia di questo paese, così possiamo tornare a lavorare, ho bisogno di lavorare, ho quattro figli di cui tre vanno all’università, ho comprato una casa come posso pagarla? Come posso pagare la scuola dei miei figli? Come posso mantenere mia moglie? Così non va bene.

La regolarizzazione è difficile? Per la regolarizzazione è troppo difficile, è brutale, così non va bene.

Nel suo caso com’è andata la regolarizzazione? Non bene. Ho comprato una casa come faccio a pagarla? Ho fatto un mutuo in banca, come faccio a pagarlo senza lavoro?

Come è arrivato in Italia, via mare? No, non sono arrivato via mare, ma con l’aereo.

Cosa chiederebbe allo Stato italiano per gli immigrati? Chiedo al Governo di aiutare gli immigrati, perché siamo innanzitutto un’opportunità, come quando gli italiani immigravano in un altro paese.

Quindi lei chiede, in particolar modo, di considerare gli immigrati? Devono considerare gli immigrati, i paesi che non accolgono gli immigrati non raggiungono degli obbiettivi. Se lei va in America, Gran Bretagna, Francia, Germania, gli immigrati lavorano. Senza immigrati non si ottengono miglioramenti, …mi capisce, no? Questo è quello che voglio chiedere all’Italia, stiamo pregando affinché Dio tocchi il cuore di Berlusconi, Fini e Bossi, affinché l’economia di questo paese possa cambiare e migliorare, vogliamo tornare a lavorare, questo è ciò che vogliamo.

Le piacerebbe diventare cittadino italiano? No, non mi piacerebbe diventare cittadino.

Perché? Perché sono di colore e gli italiani non amano le persone di colore.

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Carlos Henrique Pereira da noi intervistato

Come si chiama? Carlos Henrique Pereira de Santa Rosa

Qual è il suo paese d’origine? Brasile

Come si trova in Italia ed in particolare a Reggio Emilia? Bene, sono qua da otto anni e posso dire di non aver avuto dei grossi problemi.

Si è sentito ben accolto dai reggiani? Dai reggiani di pianura si, in montagna c’è un po’ di discriminazione nei confronti degli immigrati.

Per il lavoro è stato facile o ha riscontrato delle difficoltà? No, da otto anni che sono in Italia non ho mai smesso di lavorare. Posso dire di essere stato fortunato perché con la crisi molti hanno perso il lavoro. Però sul posto di lavoro c’è discriminazione: a noi immigrati, rispetto agli italiani, fanno sempre fare i lavori più faticosi (spostare la roba più ingombrante, fare lo sforzo fisico più grosso,…). Però questa non dico che sia una cosa così grave, uno che esce da casa sua e va a casa degli altri per lavorare deve fare uno sforzo per adattarsi. Credo che una volta che uno è più integrato sia trattato anche meglio.

Ha dovuto anche far dei lavori duri quindi? Anche adesso li faccio. Ora, per esempio, sono in malattia perché continua a leggere …