«C’è legame tra stoccaggio, estrazioni e terremoti»

[articolo pubblicato sul nuovo quotidiano “Prima Pagina Reggio” il 5 giugno 2013]

di Luca Gemmi

A un anno dal terremoto, di trivelle gli abitanti della bassa non vogliono proprio sentirne parlare. Lo dimostra il grande seguito raccolto dal comitato No Triv ad ogni incontro della sua campagna. Non ha fatto eccezione il dibattito di lunedì sera a Fabbrico, dove più di 250 persone sono accorse al Parco Cascina per ascoltare l’attivista e docente alla California State University Maria Rita D’Orsogna. A rappresentare le istituzioni sul palco l’assessore provinciale all’ambiente Mirko Tutino.

I problemi legati alle trivelle sono soprattutto di inquinamento: «Per un barile di petrolio ci sono dieci barili di sostanze di scarto tossiche», ha spiegato la professoressa. Ma la preoccupazione più grande per i cittadini della bassa è la sismicità indotta. Quel presunto legame fra estrazioni e terremoti, che vede scontrarsi attivisti, comunità scientifica e parti politiche. La posizione della D’Orsogna è chiara: «Da studi internazionali emerge un collegamento fra attività estrattive, stoccaggio e terremoti».

La professoressa, che negli Stati Uniti insegna Matematica, è entrata in diretta polemica con la geologa Daniela Fontana. La geologa aveva escluso qualsiasi attività di “fracking” in Italia, per la mancanza di giacimenti adatti. «Il primo caso in Italia è stato quello di Ribolla, a Grosseto», ha invece sostenuto la D’Orsogna. «Un altro in Puglia, ma ci sono anche altri progetti che se non fermati andranno avanti».

Discorso diverso per lo stoccaggio, cioè la reiniezione di gas in pozzi sotterranei. Tecnica che la stessa multinazionale australiana Po Valley avrebbe previsto per la prossima estrazione nei pozzi di Correggio e Canolo. «In Oklahoma queste operazioni hanno provocato un terremoto del quinto grado», ma altri casi in Russia, Francia, Olanda e Texas. Le stesse compagnie Shell ed Exxon avrebbero ammesso un collegamento fra stoccaggio e sismicità indotta.

L’Italia sarebbe considerata un paradiso dai petrolieri, secondo la docente. Il primo motivo riguarda l’informazione: «In America c’è una legge che obbliga i petrolieri, a comprare una pagina sui giornali per dire che inquinano». Mentre in Italia, «c’è un’agenzia di stampa come l’Agi che dal 1965 è controllata al 100% da Eni». Il secondo è quello delle tasse, o “royalties”: «In libia sono al 90%, in Russia e Indonesia all’80%. Da noi al 10% a terra e 4% in mare, e gratis sotto una certa soglia».

«Il no della provincia di Reggio non è basato su un pregiudizio, ma sull’idea che bisogna investire su una politica energetica diversa e sulla riduzione dei consumi», ha dichiarato l’assessore all’ambiente Tutino. L’ultima parola in tema di trivelle spetta tuttavia a Regione e Ministero. «Più si allontana il livello decisionale dai cittadini, più si è esposti alle pressioni delle grandi lobby».

L’acceso dibattito, che è andato avanti fino a tarda notte, ha visto intervenire oltre ai cittadini anche Romani Camassi, ingegnere dell’Ingv, su posizioni opposte a quelle del comitato: «Attenzione, siamo in un territorio che è sismico da migliaia di anni, ben prima delle estrazioni degli ultimi cinquanta». Presente anche il consigliere regionale ex cinque stelle Giovanni Favia, che accusa: «La maggior parte dei componenti della commissione di inchiesta sulla sismicità indotta nominata da Errani lavora per imprese petrolifere. Chiederò la nomina di componenti imparziali, o il blocco».

Luca Gemmi (collaboratore giornalino studentesco Cortocircuito)

Foto di Daniele Nicolini.

Qui sotto un altro articolo sullo stesso tema, sempre di Luca Gemmi (clicca sull’immagine per allargarla):