Il prof Nicaso a Rubiera: «Era bello poter credere che in questa terra ci fossero gli anticorpi per resistere» 1/2

[articolo pubblicato sul nuovo quotidiano “Prima Pagina Reggio” il 24 Novembre 2012]

«Era bello poter credere che in questa terra ci fossero gli anticorpi per resistere. E’ finita la favoletta del piccolo mondo antico». Reggio Emilia e tutto il Nord Italia devono cominciare a fare i conti con la ‘ndrangheta, sostiene lo scrittore e studioso delle organizzazioni criminali Antonio Nicaso dal palco dell’Herberia a Rubiera. Insieme a lui e al coautore Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, su palco a condurre la serata c’era Pierluigi Senatore, direttore redazione giornalistica Radio Bruno, mentre l’introduzione è stata curata da Elia Minari, del giornalino studentesco Cortocircuito e del gruppo “Giovani a Reggio Emilia contro le mafie”.

“Dire e non dire”, già al settimo posto nella classifica di vendite della saggistica italiana, è nato dall’ascolto di centinaia di intercettazioni e interrogatori, presentando un’analisi della dimensione comunicativa e valoriale degli ‘ndranghetisti. Perché, come sostiene il professor Nicaso, «per sconfiggere il nemico bisogna anzitutto conoscerlo». Una ricerca che ha portato i due autori a trovare tracce della ‘ndrangheta in documenti risalenti addirittura a prima dell’Unità d’Italia: «Se non avesse regole, valori e simboli, – continua Nicaso – sarebbe una banalissima organizzazione militare destinata a scomparire nel giro di un paio di generazioni. Invece è un’organizzazione fortemente radicata nel territorio che gode di consenso sociale, oltre che forti legami con il mondo politico ed economico».

Che la ‘ndrangheta sia ormai una realtà anche qui a Reggio Emilia è una sensazione diffusa, ma «qualcuno – sottolinea Elia Minari nell’introduzione – ancora minimizza: “Più che attività criminali, al momento vedo soprattutto tanta crisi”, ha dichiarato qualche settimana fa un consigliere comunale della maggioranza»,  ovvero Antonio Olivo in quota Pd. Ma l’ombra mafiosa i reggiani l’hanno vista coi loro occhi: Minari cita i camion dati alle fiamme a Reggiolo, Sissa e Codemondo, ed il prefetto Antonella de Miro che definisce “richiesta di aiuto ai politici presenti per contrastare le interdittive antimafia” la cena che ha visto seduti allo stesso tavolo il capogruppo Pdl Giuseppe Pagliani e alcuni imprenditori “con pendenze giudiziarie per mafia in atto”.

«Le mafie sono venute al nord perché seguivano la linea del denaro e perché servono a qualcuno», è la dura analisi del professor Nicaso. «I mafiosi sono sempre andati dove domanda e offerta si incontrano. E’ molto più facile investire in Emilia Romagna che a Platì e a San Luca».

Un’infiltrazione iniziata negli anni ’70, quando alcuni imprenditori del nord ebbero bisogno di qualcuno che fornisse manodopera a basso costo. «Ci sono persone che hanno fatto i soldi in questo modo, salvo scoprire che una volta che uno si mette dentro questo persone non se le toglie più». A loro il procuratore Gratteri si rivolge in conclusione: «Non rivolgetevi mai agli usurai. Non fate entrare mai gente in società che non conoscete che porta denaro fresco. Gli unici ad avere milioni di euro i contanti sono i capimafia. Meglio fallire perché voi non perderete solo l’impresa, ma anche la libertà e il sorriso».

Luca Gemmi (collaboratore giornalino studentesco Cortocircuito)

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Vedi anche:

– Il video di una parte dell’evento
Le foto dell’evento
L’annuncio dell’evento
– Il procuratore Gratteri a Rubiera: «Dia, troppe sedi e pochi fondi» 2/2

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